La vignetta della settimana

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lunedì 1 marzo 2010

L'Italia e l'Euro: 8 anni dopo

Il 1 Marzo 2002, entrava in circolazione come unica moneta l'Euro. Le intenzioni della BCE (Banca Centrale Europea) erano inizialmente delle più incoraggianti: l'introduzione dell'Euro avrebbe dovuto facilitare il commercio tra gli Stati aderenti al trattato di Maastricht del 1992, portare benefici ai cittadini dell'Eurozona, una riduzione complessiva della differenza dei prezzi tra i vari membri dell'UE, maggiore competizione tra le aziende e un contenimento dell'inflazione generale a vantaggio dei consumatori.
Analizzando a posteriori ci si accorge che la situazione non è esattamente così, almeno in Italia. Infatti nel Belpaese l'introduzione della moneta unica si è tradotta in un innalzamento dei prezzi piuttosto che in un calo e senza un conseguente aumento parallelo degli stipendi. Ciò avvenne in altri Stati con una situazione economica simile a quella italiana, come ad esempio la Grecia.
L'aumento dell'inflazione dovuta all'Euro può essere letta come una mancanza di organizzazione da parte dello Stato, incapace di far penetrare la nuova moneta nel mercato e di controllare accuratamente i prezzi massimi dei beni che aveva lui stesso imposto.
La progressiva svalutazione della Lira negli anni, dal dopoguerra al 2002, non ha fatto altro che far peggiorare la situazione globale e la differenza di prezzi in confonto agli altri membri dell'UE che hanno adottato l'euro è ormai abissale. Insieme alla Grecia, infatti, siamo tra gli Stati messi peggio. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, alla fine del 2010, si suppone sarà intorno al 120% (fonte Ocse), esattamente il doppio del limite previsto nel trattato di Maastricht che imponeva un limite non superiore al 60% per poter prendere parte all'iniziativa Euro.
L'Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) mette in dubbio, a ragione, la politica di contenimento del debito pubblico attuata negli ultimi 17 anni (e qui non è colpa solo dei comunisti) che ha reso l'Italia un paese finanziariamente vulnerabile. Sarà quindi necessario mettere in atto una politica finanziaria seria, che metta in primo piano il risanamento dei conti pubblici a costo di qualche sacrificio per gli italiani, che in un futuro non troppo lontano potrebbero vedere calare il costo della vita. Certo è che bisogna metterla in atto questa politica del risanamento invece di pensare soltanto ai guai processuali del nostro caro vecchio B.

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