venerdì 26 febbraio 2010
Reato prescritto = imputato assolto
La sentenza delle sezioni unite della cassazione ha stabilito che il reato è prescritto e che Mills deve pagare 250 mila euro di danni. Che il reato sia prescritto non significa che esso non sia stato commesso, ma anzi il contrario, che c'è stato ma sono passati più di 10 anni da quel 11 Novembre 1999 a cui lo si fa risalire. I dieci anni che fanno scattare la prescrizione del reato sono stati introdotti, guardacaso, dal II governo Berlusconi nel 2005 denominata legge ex Cirielli o, per meglio far capire di che cosa si tratta, "salva Previti". Quest'ultima infatti sancisce che la prescrizione per reati di tipo giudiziario arrivi a 10 anni da quando si è commesso il reato.
Nonostante sia chiara la sentenza, che Mills è colpevole ma non è stato condannato per prescrizione, i deputati Pdl la leggono come piace a loro e commentano: "smontate le tesi creative dei pm", "finita la persecuzione del premier" (Denis Verdini, lo stesso indagato per corruzione nello scandalo Protezione Civile) e infine "sconfitta la gestione di rito ambrosiano della giustizia, che mette in difficoltà i giustizialisti da quattro soldi" (Cicchitto, tessera P2 numero 2232). Per non parlare del mezzo di informazione che arriva a più persone, cioè la TV: il Tg5 non stupisce e manda in onda la notizia della sentenza solo nell'edizione delle 8 del mattino introducendo il servizio con "ieri sera è arrivata la sentenza del cosiddetto processo Mills e David Mills è stato sostanzialmente assolto, il processo è stato dichiarato prescritto dalla Cassazione". Il Tg1 apre invece il notiziario con la sentenza e le dichiarazioni di B che etichetta come "talebani i magistrati che non vogliono la riforma della giustizia" e ancora "il caso Mills è un'invenzione e voglio uscirne con un'assoluzione piena".
B infatti sa perfettamente che se Mills ha commesso il reato, cioè è stato corrotto questo implica che ci sia stato un corruttore il quale ha dato i soldi all'avvocato. Il procedimento parallelo a carico di B si baserà sicuramente sulla sentenza Mills. Molti sostengono che entro la fine della prescrizione, prevista per Febbraio 2011, i giudici hanno una buona probabilità di emettere una sentenza. Silvio forse è meglio se ti sbrighi con questo processo breve!
giovedì 25 febbraio 2010
Vertice Siria – Iran, le reazioni
Il presidente Al Assad è stato piuttosto ironico riguardo le parole della segretaria di Stato USA Hilary Clinton, la quale aveva appunto “chiesto” al siriano di prendere le distanze dall’Iran e dal suo presidente.
La Siria sembra infatti essere piuttosto legata all’Iran, come poi conferma Ahmadinejad, riferendo che “le relazioni tra la Siria e l'Iran sono fraterne, profonde, solide e perenni”. Questo non farà sicuramente piacere ai vertici statunitensi, che rimedieranno una duplice risposta negativa durante l’incontro che avverrà, nei prossimi giorni, a Damasco.
Israele è seriamente preoccupata da queste dichiarazioni, e manifesta la volontà di separare due presidenti “promotori del terrorismo”, queste le parole di Yigal Palmor, portavoce del Ministro degli Esteri israeliano, che aggiunge inoltre che “si tratta di una notizia cattiva per tutti i governi che hanno a cuore la pace in Medio Oriente”.
La Cina crede ancora nella potenza del dialogo per risolvere la questione, e il Giappone, benché il Governo non si sia ancora espresso sulla notizia, avrebbe proposto all’Iran di fornire uranio e barre di combustibile per l’avviamento dei reattori, il tutto con lo scopo della ricerca medica.
Arriva invece dal cancelliere Angela Merkel l’atto di fedeltà dell’UE, o per meglio dire, la richiesta d’appoggio ad intensificare le sanzioni da applicare all’Iran. La Merkel ha ufficialmente richiesto l’appoggio di tutta la Comunità Europea, della Cina e della Russia.
Capirete quindi che questi non sono momenti facili per i Ministri degli Esteri dei vari Paesi interessati. Per ora solo la Russia non sembra essersi pronunciata nuovamente sulla situazione, ma possiamo dire che il trend generale sia a sfavore di un intervento ai danni dell’Iran.
È inoltre scontato che l’economia risenta particolarmente del clima di tensione esteso a livello mondiale. Le borse europee e americane sembra siano quelle maggiormente colpite, hanno infatti perso circa due punti percentuali solo nell’ultimo giorno. Ancora più scontato un aumento del prezzo del petrolio greggio al barile, che ha raggiunto un picco di 80 dollari, per poi stabilizzarsi nuovamente a circa 79.80 $.
Come già scritto nell’articolo precedente, seguirò la vicenda quotidianamente per informare al massimo delle possibilità i lettori.
Giuseppe Troccoli
La vignetta della settimana - 15-21 feb
La prima, cioè quella inserita nella settimana che va dal 15 al 21 febbraio, potete reperirla qui.

mercoledì 24 febbraio 2010
Ultimatum dalla Casa Bianca
È comunque una notizia che non mi lascia indifferente, soprattutto dopo le ultime dichiarazioni delle parti interessate. La situazione internazionale non è delle più semplici da comprendere, in questo articolo cercherò di delineare le posizioni delle potenze mondiali nel caso di un intervento armato ai danni dell’Iran.
Innanzitutto gli Stati Uniti, grande potenza del ventesimo secolo che ha visto la sua supremacy minata dalla veloce ascesa economica dell’oriente. Negli ultimi giorni è degno di essere citato l’incontro del suo attuale presidente Obama con il leader spirituale tibetano, il Dalai Lama. Questo incontro non ha fatto che aggravare il rapporto con la Cina, con cui lo Stato americano aveva rapporti già logorati dalla vicenda Google e dalla vendita di missili a Taiwan. Gli Stati Uniti, inoltre, sono impegnati da più di otto anni nella cosiddetta “Guerra in Afghanistan” e da circa sette anni nella “Seconda guerra del Golfo”.
Seconda nazione da studiare è sicuramente l’Iran, Stato che divide l’Asia dall’Africa, che trae una grande parte delle sue ricchezze e della sua influenza dai suoi giacimenti petroliferi. L’Iran è al centro dei riflettori da quando Ahmadinejad è diventato presidente della Repubblica Islamica dell’Iran. Molto spesso il capo di Stato ha manifestato il suo lato razzista e, ultimamente, la costruzione delle centrali di arricchimento dell’uranio hanno creato un vero e proprio sfascio delle relazioni internazionali. Negli ultimi giorni, Ahmadinejad ha dichiarato, inoltre, che nel caso di un errore da parte dello Stato di Israele, gli Stati confinanti con esso sono pronti a “sradicarlo”. Ricordiamo infine che il leader iraniano ha imbastito dei buoni rapporti con la Russia, e in particolare con l’ex premier Vladimir Putin.
Terza nazione di cui sarebbe bene sapere la posizione è la Russia. Come detto poco sopra, Ahmadinejad ha deciso di migliorare i rapporti con l’ex repubblica socialista. Sembra infatti che il rapporto tra i due Stati sia stabile, in quanto dopo la prima comunicazione degli Stati Uniti che esprimeva la volontà di attaccare l’Iran (18/02/2010), il generale Makarov dichiarò che la Russia avrebbe fatto tutto ciò che poteva per evitare un simile epilogo.
Lo Stato che chiude il quadro è l’immancabile Cina, che ha l’appoggio militare ed economico di Corea del Sud e Giappone. La Cina possiede una buona parte del debito degli USA, cosa che frutta alle casse dello Stato asiatico diversi miliardi di dollari l’anno e, soprattutto, una posizione di rilievo rispetto alla potenza americana. La Cina detta praticamente legge in campo economico, e sappiamo bene che, in un mondo dove il capitalismo regna indiscusso, l’economia ha importanza vitale.
Fatte queste premesse, possiamo dire che gli Stati Uniti rischiano una sonora sconfitta nel territorio mediorientale, da una parte per l’impegno non indifferente già attuato in Iraq e Afghanistan, dall’altra per la “mancanza di mordente” che porterebbe ad un aiuto esterno da parte di Russia e Cina. In più non possiamo non considerare gli armamenti che potrebbero utilizzare, in risposta, i governi mediorientali. Se davvero il fine di Ahmadinejad è quello di creare missili a testata atomica, i danni sarebbero ingenti per il mondo intero.
In ogni caso non si può far niente altro che attendere nuove notizie. Da un’analisi economica, però, la discesa del dollaro rispetto all’euro e il rincaro graduale del prezzo del petrolio greggio non portano a nulla di buono. Rimanete sintonizzati per ulteriori news nei giorni a venire.
Giuseppe Troccoli
martedì 23 febbraio 2010
Il vento di Ponente arriva da Destra
Il richiamo della terza carica dello Stato è quello di una politica più trasparente e conscia del volere del popolo che si rispecchia nella Costituzione. Sarebbe ovvio, come lo è in ogni altro Stato europeo e non, che gli eletti conoscano perlomeno la carta fondamentale della Repubblica e invece non sembra così, come ha rivelato un recente servizio de "Le Iene" il quale mette in luce come parlamentari e senatori, "interrogati" sulla Costituzione, non abbiano la benchè minima idea di che cosa vi sia scritto.
L'eversivo Gianfranco semina come sempre belle parole ma sembra raccogliere ben poco. Dichiarazioni del tipo: "oggi si parla tanto di trasparenza nella pubblica amministrazione, di legalita ma riflettiamo sul fatto che chi si avvicina alla politica non lo fa come un tempo con il senso di una missione civile, ma come se fosse una carriera" e non per ultima la richiesta di un test a punti sulla Costituzione per i parlamentari (a modello di quello per la richiesta del permesso di soggiorno per gli immigrati, proposta dal signor "resistenza a pubblico ufficiale" Roberto Maroni) non vengono poi trasformate in fatti dal Presidente della Camera. Nonostante i finiani siano relativamente pochi all'interno del PdL, non si vede una proposta di legge di quest'ultimi per cambiare la situazione attuale. Forse va bene così a tutti, tanto loro rimangono sempre lì nel loro guscio protettivo e nessuno sembra poterli scalfire. Ma il giorno del giudizio (per la classe dirigente) arriverà prima o poi, ne sono sicuro. Sono giovane, posso ancora aspettare tanto. Loro non credo.
100 visite - Parigi nel XX secolo
Spero proprio che ciò che scriviamo vi sia in un qualche modo utile a comprendere meglio la situazione del nostro Paese e le relazioni internazionali tra Stati. In caso contrario, ci sarebbero d’aiuto i vostri commenti personali sugli articoli che scriviamo. Diciamo che ogni scrittore è contento di ricevere il parere dei suoi lettori.
Passiamo ora all’argomento di oggi. Come avrete intuito dal titolo, non è legato ad una notizia d’attualità, bensì ad un libro. Il suo autore è il famosissimo Jules Verne, benché in molti lo conoscano per titoli molto più commercializzati quali “Il giro del mondo in 80 giorni”, “Ventimila leghe sotto i mari” e “Viaggio al centro della Terra”.
Verne è indubbiamente uno dei più grandi autori di romanzi di sempre, e la sua grande intelligenza ha portato alla creazione di capolavori del genere. Inoltre, è riuscito ad aprir le menti dei suoi lettori grazie alle sue straordinarie “previsioni” sul mondo futuro.
Se non vi è chiara questa mia affermazione vi consiglio di leggere, per l’appunto, “Parigi nel XX secolo” edito da “Liberamente Editore”.
Il libro in questione fu uno dei primissimi scritti da Verne, respinto bruscamente dal suo editore in quanto visto come opera giovanile, non adatta al pubblico francese dell’epoca. Probabilmente aveva ragione, ma la sua pubblicazione, avvenuta nel 1994, non fa che accrescere la fama dello scrittore francese.
Si tratta di un romanzo di fantascienza (senza però fucili al plasma e alieni con fini bellicosi) di natura profetica, in quanto prevede, in un certo qual modo, l’ascesa del capitalismo nel mondo. Si parla di una rete che unisce tutto il mondo, del morboso attaccamento al denaro da parte di ogni persona e, soprattutto, della marginalità dell’arte nelle sue forme più classiche. Il protagonista è infatti un giovane scrittore che ha appena finito gli studi, e che cerca lavoro per evitare di morire di fame in mezzo ad una strada.
Verne tende a sottolineare quanto può essere dura la vita di un uomo considerato inutile dall’intera società, condizione che neanche il sentimento più puro, l’amore, può risollevare. Ci sarebbero molte cose da dire su quest’opera, ma rischierei inevitabilmente di rovinare la lettura agli interessati. Tornerò probabilmente sull'argomento più avanti, farcendo l'articolo con più considerazioni e dettagli.
Buon proseguimento di settimana a tutti.
Giuseppe Troccoli
lunedì 22 febbraio 2010
Son tornati i Colonnelli
Nell'ambito dell'inchiesta "Ergenekon" (così è stata denominata) si sarebbe scoperto il piano dei golpisti: delle bombe sarebero dovute scoppiare all'interno di moschee e musei mentre un aereo di linea della compagnia di bandiera turca sarebbe stato fatto precipitare per far sembrare che fosse stato abbattuto da un caccia militare greco. Il motivo di tutto ciò era quello di screditare il governo filo-islamico al potere per infondere sfiducia nella popolazione.
Le manette ai cospiratori arrivano però in un momento particolare della vita politica di Ankara; meno di 48 ore prima un alto esponente del partito di maggioranza "Akp", Avni Dogan, rese pubblica questa sconcertante dichiarazione: "Per 40 anni loro ci hanno messo sulle loro liste nere. Grazie a Dio, adesso è il nostro turno di mettere loro sulle nostre". Secondo vari osservatori, gli arresti sarebbero soltanto un diversivo per distogliere l'opinione pubblica dalle imbarazzanti afermazioni di Dogan.
Siamo ancora una volta davanti ad una manipolazione dell'informazione che fa davvero rabbrividire. La notizia del tentato golpe era stata già diffusa nell'immediato periodo successivo alla vittora dell'Akp nelle elezioni del 2002 ed evidentemente è stata ripescata questa carta jolly, se così si puà dire, solo col fine di far credere alla popolazione che i "malvagi" siano altri, infangandoli in ogni modo. Per adesso nessuno sa quale sia la verità, e proprio come successe in Italia in occasione del golpe Borghese nel '70, probabilmente non si arriverà a conclusioni soddisfacenti. In quell'occasione, come in Turchia, i generali dell'esercito e dell'aeronautica insieme a Junio Valerio Borghese (ex comandante della X flottiglia MAS) studiarono nei minimi particolari il colpo di stato che sarebbe dovuto avvenire nella notte tra il 7 e l'8 dicembre. Il tutto fu annullato, senza nessun motivo apparente, dallo stesso coordinatore dell'operazione Borghese. Gli italiani seppero del Golpe soltanto 3 mesi dopo e si dovette aspettare il 2004 per capire che dietro questi simpatici personaggi ci fosse il governo degli Stati Uniti (in quanto, grazie al "Freedom of Information Act", stilato dagli stessi americani, i documenti che lo accertavano sono ora pubblici) che come garanzia chiese che venne messo a tutela del popolo italiano Giulio ANdreotti. Inutile dire che a questo evento presero parte la loggia massonica P2 e la mafia siciliana, come testimoniato dalle dichiarazioni di Tommaso Buscetta nel "processo Andreotti".
Chissà quanto bisognerà aspettare prima di conoscere la verità su questo presunto golpe in Turchia.
Certo è che la solfa è sempre la stessa: paese che vai, controinformazione che trovi.
Italia - Afghanistan, binomio costoso
Domani verrà votato al Senato il rifinanziamento della “missione di pace” in Afghanistan. Sembra scontato un voto positivo, anche se questa missione bellicosa (no, scusate, leggete missione di pace, altrimenti rischio una querela) costerà per i primi sei mesi del 2010 ben 308 milioni di euro.
Se ciò vi sconvolge, aspettate il seguito. Nel secondo semestre, questa cifra potrebbe lievitare, superando così, e di molto, la cifra spesa dallo Stato italiano lo scorso anno. A scopo informativo, e grazie alle fonti ASCA, vi elenco le spese sostenute da noi italiani nei sette anni di conflitto con lo Stato mediorientale:
2002 – 70 milioni di euro
2003 – 68 milioni di euro
2004 – 109 milioni di euro
2005 – 204 milioni di euro
2006 – 279 milioni di euro
2007 – 336 milioni di euro
2008 – 349 milioni di euro
2009 – 540 milioni di euro
Ponendo che, nel migliore dei casi, la spesa per il secondo semestre 2010 sia pari a quella del primo, il totale della spesa sostenuto dalle casse italiane è di due miliardi e 571 milioni di euro. Dalle mie risorse non ho potuto paragonare questa cifra al PIL italiano degli ultimi anni, ma scomoderò, se sarà necessario, il Ministro Tremonti per avere queste informazioni.
In un periodo come quello che stiamo vivendo, spese di questo calibro sono indispensabili per poter uscire dalla troppo spesso nominata crisi. La memoria storica ci dice, infatti, che dopo la crisi del 1929 la soluzione poteva essere soltanto entrare in guerra. E così fu. Cinquant’anni dopo, con la crisi energetica, non c’era il motivo di entrare in una nuova guerra, perché la situazione tesa con la Russia garantiva un dispendio continuo di capitali, sufficiente a tenere il debito pubblico abbastanza elevato da evitare il blocco del mercato.
Ma se definiamo questa ingente spesa indispensabile, allora non dobbiamo lamentarci se non ci sono fondi a sufficienza per tutte le altre esigenze di uno Stato. Purtroppo per noi sia l’essere membri dell’Eurozona, sia l’aver sottoscritto il Patto Atlantico ed essere successivamente entrati nella NATO, non sono assolutamente d’aiuto. Siamo quindi in una certa maniera “obbligati” a prendere parte al conflitto afghano anche se ciò è palesemente anti-costituzionale. Riporto per comodità di lettura, l’articolo 11 della Costituzione italiana (direttamente dal sito del Governo italiano):
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Io fermerei tranquillamente la lettura al primo punto e virgola, dato che questa guerra è dovuta ad una controversia internazionale, però pure andando avanti si incappa in un oltraggio alla Costituzione, perché tutto si sta facendo tranne che assicurare la pace.
Peccato che, in questi casi, il diritto costituzionale venga surclassato dal diritto internazionale, che impone agli Stati membri delle succitate organizzazioni ad appoggiare, limitatamente alle proprie forze, gli altri Stati membri in guerra.
Dunque, la situazione per il Belpaese non è delle migliori, e questa non può far altro che peggiorare di anno in anno fino a che gli Stati Uniti non concludano una vera e propria tregua continuativa.
Giuseppe Troccoli